TECNODESIGN
DALL’UNICITÀ ALLA COMBINAZIONE DELLA MODERNA STRUTTURA PREFORMATA
La serialità oggettuale si esprime correntemente, nell’ambito del design, attraverso gli strumenti acquisiti o sperimentali della moderna produzione industriale; la forma d’uso ed il suo multiplo favorisce, in questa fase, l’aggregazione variabile di cose semplici o complesse, nel poliedrico universo dei linguaggi, delle mode e degli stili del mondo contemporaneo.
Il design tecnico, visivamente assertivo nelle sue linee determinanti, che ne caratterizzano l’aspetto e la stessa ragione costruttiva, ha qualificato, in quest’area, una tendenza estetica e progettuale di grande richiamo stilistico sin dalle origini dell’eclettica Rivoluzione Industriale, in cui i nuovi e profetici oggetti d’uso hanno espresso i segni innovativi e radicali della storica svolta economica e sociale dell’Europa moderna.
A tali modelli ideali sono seguite le essenziali soluzioni d’interni di Le Corbusier, così come le strutture metalliche d’arredo di M. Breuer, L. Mies van der Rohe, P. Behrens, M. Nizzoli, A. Castiglioni e B. Munari, hanno delineato il percorso evolutivo di un’estetica industriale che, per il tramite dei codici meramente strutturali della nuova oggettistica, intende ancora attirare i grandi numeri dell’ utenza, esaltando il linguaggio della “macchina” nella sua “funzionalità” visiva ed espressiva, prima ancora che pratica ed utilitaristica.
Le radici della fredda produzione industriale, esaltate qui ad esempio dai contributi formali di H. Bertoia, M. Bill, E. Saarinen e G. Piretti, continuano ad influenzare parti cospicue della linea seriale del mercato contemporaneo, rigenerandosi negli arredi articolati e polifunzionali di R. N. Foster.
Emarginando i pericoli dell’uniformità e dell’anonimato emerge nondimeno l’ampio margine di creatività che questo codice espressivo riserva agli utili argomenti di originalità, appartenenza, fascino e riconoscibilità, nel corrente appiattimento linguistico e costruttivo del nostro debole e riduttivo mercato globale.
Elena Cecchini
[Bruno Munari – lampada Falkland, 1960]