Filippo Nicea Bovolini, Net Artist
In Accademia SantaGiulia
Creatività è creazione di nessi nuovi fra fatti noti. Lo ha capito benissimo Filippo Nicea Bovolini, iscritto al primo anno del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte, che ha saputo rielaborare genialmente frammenti di codici mediante il linguaggio di programmazione Processing.
Il progetto
Filippo sogna di diventare game designer e dar vita a nuove realtà appartenenti a spazi virtuali. Studiando e reinventando con passione dei codici di programmazione ha portato il glitch al video. Il glitch è un errore volontario che distrugge l’immagine, plasmando di conseguenza qualcosa di totalmente nuovo che solitamente si vede su singoli frame, su fotografie personalizzate dal Net Artist mediante effetti e giochi di colore imprevedibili. Per concretizzare la sua idea, Filippo ha utilizzato di device di Xbox kinect. Questa, creata per muovere i personaggi attraverso il rilevamento del movimento del giocatore, è dotata di tre telecamere: una simile alla comune webcam, una a raggi infrarossi che mappano aria e volumi, la terza che rileva i dati di “ritorno” degli infrarossi. Le immagini rilevate dalla kinect vengono quindi restituite al pc trasformate da glitches in movimento.
E pensare che Filippo Nicea voleva iscriversi a Scienze Motorie! I computer lo appassionano, ma vedeva il suo futuro più come allenatore di Parkour anziché come programmatore. Lo appassiona la distruzione delle cose: questa è l’origine della spinta verso lo studio geniale sui glitch. Il Ki-Glitch di Filippo è un continuo work in progress alla ricerca di nuovi perfezionamenti e possibilità, nell’espansione costante dei limiti solo mentali degli spazi virtuali.
Net Art
La nascita del termine Net Art è davvero curiosa. Nel dicembre del 1995 il serbo Vuk Cosic, uno dei pionieri in questo campo, ricevette una mail anonima completamente illeggibile a causa di un’incompatibilità fra software. L’unico frammento dotato di un minimo senso era:
[…]J8-g#|\;Net. Art-^s1[…]
Per Cosic fu impossibile non definire con questo termine la nuova attività in cui si stava coinvolgendo, e poco importò quando il testo “decifrato” risultò alquanto banale: “All this becomes possible only with the emergence of the Net Art as a notion becomes obsolete…”. L’attività artistica realizzata attraverso tecnologia e linguaggi codificati aveva scoperto il proprio nome. Ma dove troviamo le sue origini? La primissima “arte in rete” di un certo rilievo risale al 1916, quando Marcel Duschamp invia cartoline postali ai suoi vicini di Arensbourg all’interno del progetto conosciuto come “Rendez-vous of 6 February, 1916”. La vera precorritrice della Net Art è però la Mail Art, movimento artistico degli anni Sessanta nato da Ray Johnson il quale crea, attraverso la posta, una rete universale unente i diversi membri della NY Correspondence School. Dal 1994 studi concreti approfittano delle possibilità della rete, dando il via a quella che definiamo Net Art. Esempi sono: Waxweb, primo film interattivo in 3D su Internet, prodotto dal regista indipendente David Blair; The Mercury Project di Ken Goldberg, che ha coinvolto due milioni e mezzo d’internauti tra il ‘94 e il ‘95 e che ha portato l’interattività ad essere una delle caratteristiche principali della Net Art. I pionieri di questa nuova forma artistica, come il già citato Vuk Cosic, danno vita a svariati progetti innovativi: dal tour psicogeografico di Londra, la Visitor’s Guide to London di Heath Bunting, a Telegarden di Goldberg, un giardino curato da un robot, controllato a distanza dagli internauti, dalla creazione di riserve ecologiche di Thomas Ray in Tierra Project a Please Change Belief, opera della pittrice Jenny Holzer, per arrivare a Fantastic Prayers di Constance DeJong, Tony Oursler e Stephen Vitello i quali mescolano arte, archeologia, religione e rock in una narrazione combinante ipertesto, fotografie, video e audio. Ed è proprio l’ipertesto che dal 1996 trasforma davvero le strutture narrative tradizionali. Vedi Nose of the night del tedesco Thomas Balzer, un divertente thriller interattivo, o le storie di Olia Lilina quali If you want to clean your screen I, produttive di situazioni personali capaci di stabilire uno schema narrativo interattivo in forma di conversazione. Alexei Shulgin e Vuk Cosic lanciano Refresh, una catena di pagine web di progetti artistici, legate fra loro e che si attualizzano automaticamente ogni 10 secondi, catapultando l’utilizzatore da un lato all’altro del pianeta. Quindi la Net Art via via si definisce, aumentano i progetti, i temi diventano sempre più attuali, in particolare concentrandosi sul corpo modificato, reinventato, alterato e ricomposto in rete, il tutto all’interno di realtà virtuali, come in Technosphere di Selley, Prophet e Hurry. L’ingresso ufficiale nel mondo dell’arte risale al 1998, anno che vede arrivare le prime mostre di Net Art, grazie anche allo sviluppo di un proprio personale linguaggio autonomo capace di definirsi con esattezza. Le opere di Net Art devono necessariamente essere interattive, rifiutano il sistema tradizionale di arte, spesso catturano e rielaborano frammenti di opere già esistenti per ottenere nuovi significati, sviluppano sistemi di autosostentamento e costruiscono una narrazione in cui si riconoscono. L’evoluzione tecnologica digitale si riflette in progetti poliedrici, di grande impatto visivo che, pur funzionando con un’interattività quasi meccanica, riescono a sorprendere, catturare e coinvolgere il visitante. Dalla fine del millennio si rileva un cambiamento nell’approcciarsi alla rete anche da parte degli artisti. Il web difatti consente di ottenere introiti notevoli senza capitali di partenza. Le opere di Net Art vengono commercializzate, esattamente come le opere più classicamente concepite quali arte, anche grazie all’azione di alcuni musei, specialmente quelli americani, e gallerie private che hanno cercato di colmare la distanza fra mondo artistico tradizionale e mondo Net. La Net Art attualmente continua a sorprendere e creare, per quanto si sia decisamente ridimensionata rispetto alle aspettative suscitate a fine millennio e nonostante si sia modificata fortemente, seguendo gli sviluppi tecnologici: oggi si assiste a una settorializzazione del fenomeno, dalla Software Art ai lavori sulle interfacce alternative, con lo sguardo degli artisti rivolto verso un pubblico diverso da quello dei musei: videogiocatori, blogger, internauti.